Nell’odierno mercato sono disponibili numerosi materiali e colorazioni di filamenti per stampa FDM/FFF, ed altrettanti produttori/fornitori, ognuno dei quali promette eccellenti risultati.
Sfortunatamente, a parità di “nome commerciale” (es. “PLA”, “ABS”, “PETG”, etc), ognuno di questi materiali presenta caratteristiche chimiche, fisiche, meccaniche e termiche diverse.
Basti pensare che, per il medesimo produttore ed il medesimo materiale (es. “PLA”), il semplice cambio di colore (es. da bianco a rosso) modifica significativamente la temperatura ideale di stampa, nonché l’adesivizzazione al piatto, il warping, etc.
All’atto pratico, le aziende che fanno uso di stampanti FDM/FFF, prima di potere lanciare stampe complesse e di lunga durata, devono necessariamente prenderne confidenza con il modello/variante specifica di materiale, stampando un piccolo campione ed eseguendo le valutazioni del caso.
Questo test preliminare (che può essere in realtà costituito da molteplici iterazioni del medesimo test) consente di determinare le condizioni ideali di stampa per il suddetto materiale, come ad esempio temperatura di estrusione, temperatura del piatto, parametri di velocità e ritrazione, geometrie di riempimento, numero dei “walls”, altezza dei layers, etc.
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Cos’è e come funziona il FEP
Il “Filaments Evaluation Protocol” (FEP, Protocollo di Valutazione Filamenti) è stato sviluppato da Dogma Solutions al fine di stabilire le caratteristiche qualitative dei materiali per stampa 3D FDM/FFF.
Il protocollo non è studiato al fine di misurare le proprietà dei materiali, ma è bensì concepito per determinare l’idoneità degli stessi a specifici utilizzi e contesti applicativi.
Per tal motivo, le valutazioni eseguite durante il test non forniscono output di carattere quantitativo, ma bensì indicano, per ogni parametro/caratteristica analizzati, un grado di giudizio su una scala Likert dispari ed unipolare (da ora noto come “Grado di Giudizio Likert” o “GGL”):
Fortemente sconsigliato / fortemente non idoneo / molto difficile da usare / test fallito
Sconsigliato / non idoneo / difficile da usare / test parzialmente fallito
Né consigliato né sconsigliato. Non presenta particolari difetti né punti a favore significativi. Il test è riuscito ma il risultato finale non è convincente né qualitativamente rilevante.
Consigliato / idoneo / facile da usare / test riuscito con successo entro le aspettative realisticamente attese
Molto consigliato / fortemente idoneo / molto facile da usare / test riuscito perfettamente fino al massimo (o oltre) delle aspettative realisticamente attese
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Il F.E.P. in breve
Di seguito è riportato un diagramma sintetico che illustra le 8 fasi del F.E.P. e le relative attività svolte.
Il perché di una metrica qualitativa, e non quantitativa
Come detto, il FEP analizza il materiale da un punto di vista qualitativo, tramite una metrica anch’essa qualitativa, e non quantitativa.
Seppure questo possa sembrare in controtendenza rispetto a metodi di valutazione (di tipo strettamente quantitativo) applicati a settori tecnologici differenti, c’è una ragione fondata su criteri pratici e logici che porta a preferire, in questo caso, metodi con metrica qualitativa.
Tale scelta è data dal fatto che, nella stampa 3D FDM/FFF, le caratteristiche geometrico/strutturali ed i parametri di slicing/routing (di riempimento, wall-building, etc) di un modello, modificano drasticamente il comportamento dell’oggetto una volta che esso è messo in uso nel suo contesto applicativo.
La grande quantità di possibili strategie (declinate ognuna dai propri parametri architetturali) determina una variazione prestazionale talmente ampia del materiale usato per stampare il pezzo da rendere poco significativa una valutazione quantitativa.
Si consideri ad esempio il riempimento delle porzioni interne del pezzo: a diverse strategie/geometrie (lineare, concentrica, nido d’ape, nido d’ape 3D, frattale, etc) e diversi fattori di infill (%), corrispondono (per lo stesso identico materiale) diverse caratteristiche elastiche e di resistenza meccanica agli sforzi ed alle tensioni di flessione, compressione, trazione, taglio, etc.
Si aggiunga allo scenario il fatto che un pezzo stampato in 3D FDM/FFF è raramente utilizzato in contesti “heavy duty” di livello industriale e/o professionale, ma è bensì più spesso usato per prototipazioni o applicazioni “non mission critical”.
In tal caso, è sicuramente più utile e fruibile una valutazione qualitativa che consenta di mettere “in campo” il pezzo il prima possibile con un ragionevole livello di confidenza, piuttosto che una metrica numerica poco intuitiva che necessita di complessi calcoli e nozioni ingegneristiche per essere “compresa” appieno.
Sia per il prototipatore professionale che l’hobbista, una valutazione formulata nei termini verbali “il pezzo stampato con il materiale “XYZ” risulta molto solido e liscio al tatto” è sicuramente più significativa di una valutazione formulata nei termini “Modulo di Young di 12MPa e fattore Ra=50, classe N12”
Questo concetto vale naturalmente anche per altri parametri che non siano il riempimento, come ad esempio:
l’altezza preferenziale dei layers
il numero di “muri verticali pieni” che vanno a costituire le pareti dell’oggetto
I sottoquota/sovraquota da considerare in fase di disegno nei fori, negli incastri di più parti e negli ingombri dimensionali
Le pendenze e gli angoli delle sporgenze verticali
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La filosofia di base del FEP
Per quanto il FEP sia stato congegnato per consentire l’esecuzione di valutazioni anche in assenza di particolari/costosi strumenti ed ambienti, un elemento obbligatorio permane: la competenza dell’operatore.
Una buona esperienza pregressa nel settore della stampa 3D, e buone conoscenze pratiche di meccanica e fisica sono requisiti necessari che l’operatore deve possedere al fine di formulare valutazioni utili e lungimiranti.
Seppur non siano certo richiesti titoli di studio particolari, è sicuramente fondamentale possedere una discreta confidenza ed esperienza nella costruzione di macchine e nella lavorazione di materiali (sia plastici che non plastici).
Questo requisito è dato da un assunto: chiunque può leggere una misurazione su uno strumento di misura, ma solo una persona adeguatamente formata lo può interpretare correttamente trasformandolo in una valutazione qualitativa.
Il concetto vale naturalmente anche per le grandezze non misurabili (o non misurate in questo protocollo).
E’ bene evidenziare che, nonostante le valutazioni emesse siano principalmente eseguite tramite un metodo soggettivo, la metodologia illustrata consente di abbattere gli errori di valutazione più comuni, riducendo quindi la preponderanza del “fattore umano” ovunque possibile.
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Cosa non è il FEP
Il FEP non si pone come obiettivo quello di soppiantare totalmente eventuali altri metodi di valutazione oggettiva e metrico-quantitativa.
Esso è anzi un protocollo:
da affiancare ove possibile a tali metodi, a scopo reciprocamente integrativo
che supplisce alla loro mancanza per assenza di strumentazioni ed ambienti idonei
che supplisce alla loro frequente ed innata lacunosità descrittiva
Il FEP inoltre non è un protocollo ideato per separare filamenti “buoni” da filamenti “cattivi” dettando fattori discriminatori o denigratori.
Esso anzi aiuta a determinare i migliori parametri d’uso di un filamento.
E’ lo specifico uso che se ne fa, che determina infine se un filamento è idoneo o meno allo scopo.
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Prerequisiti di esecuzione del FEP
Il FEP è stato concepito per fornire risposte significative a fronte di uno sforzo economico e strumentale molto ridotto.
Le modalità di esecuzione delle fasi del protocollo consentono la sua applicazione anche in assenza di sofisticati strumenti di misura o avanzati ambienti di laboratorio.
Gli unici fattori richiesti sono i seguenti.
Ripetitività del test
Le condizioni ambientali e strumentali di stampa devono essere sempre le stesse entro un ragionevole range.
Al fine di non viziare i risultati dei test con palesi incongruenze strumentali, devono quindi essere sempre utilizzati:
La stessa stampante
Lo stesso ugello
Le stesse condizioni ambientali (temperatura e umidità).
A tal scopo un semplice ambiente climatizzato è più che sufficiente.
Il medesimo programma di routing, fatta eccezione per i parametri termici (di estrusione e di piatto) necessari allo specifico filamento.
Selezione di un “modello universale” di riferimento
Il punto “1.4” implica ovviamente la scelta di un unico oggetto/disegno da usare come “modello universale”, stampato tutte le volte che si esegue un test.
Affinché tale modello sia utile allo scopo, esso deve:
Essere sufficientemente complesso da fare emergere le lacune del filamento. Un modello troppo semplice non è di nessuna utilità, in quando non indica quelli che sono i problemi a cui si andrà incontro durante la stampa di un oggetto reale/commissionato.
Essere sufficientemente grande da rendere insignificanti le tolleranze operative della stampante (precisione di posizionamento, vibrazioni e deformazioni elastiche delle strutture di movimentazione, etc)
Essere sufficientemente piccolo da essere stampato in tempi relativamente brevi.
2 ore è un tempo di stampa ragionevole per potere effettuare numerosi test durante una giornata lavorativa, e sufficientemente lungo da individuare innumerevoli casistiche di problemi, qualora ce ne fossero.
Non necessitare (a meno di imprescindibili esigenze relative allo specifico materiale) di “brim” e “raft” per una corretta adesivizzazione, in quando la specifica geometria di brim/rift può influenzare in modo significativo la coesione tra primo layer e piatto ed il warping degli strati di base del modello.
Se possibile, al posto del “brim”, preferire (se necessario) l’uso di un adesivizzante chimico temporaneo da applicare al piatto (come ad esempio UHU o mescola al 50% di colla vinilica ed acqua).
Non necessitare di supporti di stampa, pur presentando significative “sporgenze” che mettano alla prova il filamento in condizione di aderenza parziale allo strato precedente.
Seppure questo requisito possa sembrare “anomalo” ed in contrasto con il punto “a”, è bene notare che il FEP è pensato per valutare i materiali di stampa, e non la qualità di un disegno 3D o un programma di routing (che come già detto, dovrebbe essere modificato il meno possibile di test in test)
I supporti di stampa hanno infatti “performance” radicalmente diverse a seconda della geometria impiegata e dei parametri di velocità, prossimità, etc, e l’introduzione di questa “variabile” nell’equazione generale del processo di valutazione può viziare in modo significativo l’output finale, invalidando l’intero processo.
In linea di massima, un buon filamento consente la realizzazione sia di buoni oggetti che anche di buoni supporti.
Un cattivo filamento realizza male sia oggetti che supporti.
E’ inutile quindi introdurre fattori il cui unico contributo è l’aumento della complessità procedurale e l’incertezza del processo di stampa.
Essere di forma possibilmente “oblunga” sull’asse verticale, consentendo (nei limiti dell’obiettivo) una valutazione della flessibilità del materiale ed eventuali distorsioni/flessioni del pezzo dovute a ritrazioni e raffreddamenti con dinamiche dannose/distruttive.
Avere una base non eccessivamente “massiva” o ampia, in modo da valutare eventuali fenomeni/problemi di distaccamento dal piatto a causa di ritrazioni termiche e vibrazioni.
Avere parti facilmente misurabili con uno strumento idoneo (es. un calibro) a stampa completata, in modo da valutare eventuali sottoquota/sovraquota (si veda anche punto “2.a.iv”) rispetto il disegno originale
Di contro, sono assolutamente da evitare oggetti troppo semplici e/o privi di dettagli come:
Vasi monofilari (non danno nessuna informazione circa il warping, la ritrazione termica, il delayering)
Oggetti privi di riempimento (non forniscono informazioni circa il warping e la robustezza del materiale)
Oggetti privi di dettagli “piccoli”, “punte”, “lame” (non forniscono informazioni sulla solidità del materiale, sui parametri di ritrazione, di oozing)
Oggetti privi di “fori” (non forniscono informazioni sui sottoquota/sovraquota circolari)
Oggetti privi di superfici planari (non forniscono informazioni sull’omogeneità di estrusione e sulla ruvidità del materiale)
Oggetti privi di superfici curve e sufficientemente complesse (non forniscono informazioni sul comportamento del filamento durante la stampa di elementi “organici”)
Oggetti privi di “spigoli vivi” e forme geometriche (non forniscono informazioni sul comportamento in fase di cambio di direzione dell’ugello)
Coerenza durante il confronto tra output di test differenti
Spesso i risultati dei test possono essere usati per eseguire paragoni tra filamenti diversi.
E’ bene notare che tali paragoni possono essere eseguiti se, e solo se, il requisito di “ripetitività” è pienamente soddisfatto.
Ricordiamo che la “ripetitività” ammette come unica variabile libera il solo set di parametri termici di estrusione e di piatto.
Alcuni materiali necessitano setting di slicing/routing/velocità/raffreddamento/ritrazione (etc) molto diversi tra loro, violando quindi il vincolo di “ripetitività”.
Ove questo prerequisito non fosse attenibile a causa delle caratteristiche del materiale, è comunque possibile eseguire i test, ma è bene evitare di eseguire confronti e paragoni tra filamenti con parametri di stampa differenti.
Riassumendo, è sempre buona norma confrontare tra loro unicamente test aventi:
I medesimi criteri strumentali
I medesimi parametri ambientali
Lo stesso identico programma di routing (fatta eccezione per i parametri termici la cui variazione è ammessa di filamento in filamento).
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Il “modello universale”
Dati gli assunti dei punti precedenti, Dogma Solutions ha sviluppato un modello 3D idoneo allo scopo.
Il GCODE di tale modello viene utilizzato durante tutte le stampe di valutazione filamenti, con la sola modifica (di volta in volta) dei parametri termici di estrusione e piatto.
Solo nel caso in cui il materiale lo richieda, viene generato un GCODE con diversi criteri di velocità, ritrazione, raffreddamento, brim, raft, skirt, riempimento.
Il modello è una pedina “torre” del gioco degli scacchi, con base esagonale di diametro 34.6mm ed altezza totale 53mm.
Il tempo medio di stampa è 1h:50mm.
L’adesivizzazione al piatto (in vetro) è tipicamente garantita tramite miscela 50% colla vinilica, 50% acqua.
Non vengono impiegati brim, raft o skirt.
Non vengono impiegati supporti per le agevolare le pendenze presenti.
L’ugello impiegato è da 0.4mm.
La struttura geometrica del modello presenta tutte le caratteristiche superficiali e dimensionali necessarie ad individuare pregi e difetti del filamento sottoposto al test, secondo i criteri illustrati.
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Modello 3d
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Downloads e trattazione completa del protocollo
Cliccando questo link è possibile scaricare il documento PDF contenente la trattazione completa sul protocollo F.E.P.
Il modello universale utilizzato da Dogma Solutions è scaricabile a questo link